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Era da tempo nell’aria.
Ne aveva parlato più volte nelle lunghe pedalate invernali. Lo aveva minuziosamente studiato sulle carte. Aveva fatto vari sopralluoghi sul posto. Aveva perfino abbozzato un approccio in solitaria, da altra via e peraltro fallito.
Ma è proprio da questo inaspettato fallimento che ha trovato la sua ostinazione e con l’orgoglio dell’uomo ferito non poteva che riprovare.
Era una calda giornata di inizio luglio e il telefonino squilla per l’arrivo di un nuovo messaggio: “Mercoledì 6 luglio Laghi di Pilato. Seguiranno aggiornamenti”.
Subito l’eccitazione dei grandi momenti. Non si può mancare, occasioni così non capitano tutti i giorni! Il tempo di seguire le evoluzioni meteo, di organizzarsi con il lavoro ed eccoci pronti per la partenza.
All’appello del Professoraccio rispondono: Demetrio (nome in codice “Dem”, veterano della Mtb e sempre pronto nelle grandi occasioni); Andrea (nome in codice “Pantanittu”, altro senatore della Mtb e in annata di grazia); Leonardo (al secolo “Leo Iperventila”, personal trainer del gruppo); Glauco (nome in codice ancora non dichiarato); Stefano (detto anche “scienziato” per le sue indiscusse doti di inventore nei più svariati campi); Fabrizio (negli ambienti conosciuto con il nome “Konan”).
Tutto è organizzato nei mini particolari, questa volta non si può sbagliare.
Il Laghi di Pilato rappresentano la meta più celebrata e ambita nel Parco dei Sibillini.
Si trovano all’interno di una conca gliaciale incastonata tra le più alte vette degli Appennini: il Monte Vettore (mt 2476), la Cima del Lago (mt 2422), la Cima del Redentore (mt 2488) e il Pizzo del Diavolo(mt 2410).
La loro particolare posizione li rende molto difficili da raggiungere, da qualsiasi parte si tenti di salire.
Prepariamo i nostri potenti mezzi e da Tofe (frazione di Montemonaco) iniziamo la salita per Altino:
Da qui si imbocca il famoso Sentiero dei Mietitori, utilizzato fin dai tempi più remoti dai braccianti della zona per spostarsi nel versante umbro durante i periodi della mietitura. Il sentiero percorre le pendici del Vettore e tagliandolo nel suo fianco destro arriva fino a Forca di Presta.
Bellissimi sono gli scorci che si aprono di fronte a noi, in un susseguirsi di ambienti collinari sulla sinistra e montani sulla destra:
Al fontanile c’è molto traffico e i tempi di attesa sono piuttosto lunghi.
C’è chi aspetta con pazienza e chi ammazza il tempo come può:
Il sentiero prosegue prendendo quota e girando l’intero settore sud-est della montagna
Ora mancano solo pochi km per arrivare a Forca di Presta ed aver completato il giro del Vettore:
Da Forca di Presta lo spettacolo è impareggiabile. La giornata è perfetta. Il cielo è terso. Qualche nuvola a spezzare la monotonia dell’intenso azzurro. La lenticchia è in fiore. I campi si colorano di rosso, di viola e di giallo.
Qui la natura non ha eguali ed offre emozioni uniche.
Anche scendendo verso Castelluccio lo spettacolo è sempre lo stesso
Fino a questo punto abbiamo percorso circa 25 km e siamo saliti per circa 1.200 mt di dislivello.
Imbocchiamo la scomoda carrareccia che da Castelluccio di Norcia conduce fino a Capanna Ghezzi:
Giunti a Capanna Ghezzi una sosta è d’obbligo. Il contatto con la natura è totale.
L’uomo si avvicina alle bestie in un connubio perfetto fino al punto in cui non si sa più quale è l’uomo e quale è la bestia
Da ora in poi la parte più dura dell’intero percorso: salita fino alla Forca Viola e da qui lungo traverso fino ai Laghi di Pilato, all’ombra dei dolomitici speroni del Redentore e di Pizzo del Diavolo.
Il sentiero s’inerpica subito con forte pendenza e rapidamente guadagniamo diversi metri sul livello del mare.
Capanna Ghezzi diventa sempre più piccola man mano che il sentiero prosegue la sua inesorabile salita verso monte.
Il sentiero prosegue seguendo tutto il fianco dell’Argentella, senza mai concedere sconti ai malcapitati che hanno deciso di affrontarlo:
Numerose sono le soste per ammirare il maestoso paesaggio sulle Piane:
Finalmente l’arrivo a Forca Viola: sulle gambe rimangono circa 32 km di fatica e 1.900 metri di dislivello percorsi in salita.
L’aria frizzantina ci ricorda che siamo sui 2000 mt di quota: qualcuno si veste, qualcuno mangia, qualcuno alza le braccia al cielo per manifestare la sua gioia.
La strada per i laghi è ancora lunga e quindi rapidamente si riparte. Una sbirciata su cosa ci attende …… e scopriamo che davanti a noi c’è il baratro
Discesa vertiginosa che ci farà perdere qualche centinaio di metri che tanto faticosamente era stato guadagnato sull’altro versante prima di arrivare a Forca Viola.
Ma si sa: quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!!!
I bikers allora iniziano a buttarsi giù, testa bassa, con lo stesso impeto del toro infuriato quando decide di caricare il manto rosso.
Davanti a tutti il Professoraccio, come tutti i generali che intendono condurre la propria truppa al fronte……..poi tutti gli altri. Da ultimo Konan, impegnato ad immortalare il delicato momento.
Ancora un sguardo all’indietro, per rendersi conto da dove si è scesi:
Il sentiero improvvisamente volta verso destra: da qui inizia il lungo traverso che prosegue fin sotto ai laghi
La visione di Pizzo del Diavolo lascia presagire che l’arrivo ai laghi è quasi prossimo:
Ma si sa….il Diavolo è beffardo e dietro a quello che lascia apparire si nascondono sempre delle menzogne!
Da qui infatti iniziano una serie di passaggi molto duri che costringono gli ignari Bikers a spingere i loro mezzi e talvolta portarseli a spalla.
Il sentiero si fa largo tra rocce e detriti, in un lungo saliscendi che non sembra finire mai .
Ma poi, quando le forze sembrano finire, sia apre davanti a noi uno spettacolo impareggiabile: i Laghi di Pilato.
L’ambita meta è stata finalmente conquistata.
La soddisfazione è tanta. Rimaniamo in un silenzio contemplativo, quasi una strana forma di rispetto per un posto così magico e misterioso.
Nella tradizione popolare il lago è sempre stato considerato un luogo sinistro e ambiguo. Prende il suo nome da una leggenda secondo la quale nelle sue acque sarebbe finito il corpo di Ponzio Pilato condannato a morte da Tiberio. Il corpo, chiuso in un sacco, venne affidato ad un carro di buoi lasciati liberi di peregrinare senza meta. Il carro, dopo una aver compiuto il suo lungo tragitto, sarebbe precipitato nel lago.
Più tardi, nel medioevo, il lago veniva considerato un luogo frequentato da streghe e negromanti, tanto da costringere le autorità religiose a proibirne l’accesso e a far porre una forca, all’inizio della valle, come monito per chi volesse avventurarsi in quel posto.
Poi la foto di rito, la foto da custodire gelosamente nel cassetto:
Ormai è tempo di riprendere il cammino verso valle. Si girano i mezzi, si fa acqua nella sorgente poco sotto i laghi e si riparte verso il fondo della valle. Bisogna ancora scendere circa 1000 di dislivello e la discesa si annuncia fin da subito molto impegnativa.
Il sentiero è ripido, molto sconnesso e tecnico. Sempre spettacolare dal punto di vista paesaggistico.
Alcuni passaggi sono davvero difficili e richiedono la massima prudenza
Poi l’ingresso alle famigerate “Svolte”, ultimo tratto prima di arrivare ai Piani di Gardosa
Arrivati a Foce l’escursione è praticamente finita, mancano solo 5/6 km di strada asfaltata per di arrivare al punto di partenza.
A questo punto il fedele attrezzo fotografico è stato riposto nello zainetto, consentendo al fotografo il meritato riposo.
Alla fine della giornata, oltre alla fatica di oltre 2.400 mt percorsi in 50 km, ai sette protagonisti rimarrà il ricordo di un’avventura indimenticabile.
BIKERS: Marzio Mastrocola, Andrea Capponi, Demetrio Manasse, Leonardo Sparvioli, Stefano Brunori, Glauco Pela, Fabrizio Castelli
FOTO E TESTI: Fabrizio Castelli