Avevo conosciuto Stefano qualche tempo prima. Era un ragazzo molto più giovane di me ed ero rimasto colpito dai suoi modi gentili e riservati. Ma ciò che mi aveva più incuriosito era il suo modo di intendere l’avventura. Da qualche tempo aveva iniziato a misurarsi sulle lunghe distanze. Da solo o con qualche amico non faceva differenza; di giorno ma soprattutto di notte, tanti chilometri di montagna vera, quella che farebbe paura alla maggior parte di noi.
Un giorno mi arriva un messaggio. Era Stefano che mi chiedeva informazioni su un certo itinerario che stava pianificando tra i Sibillini e i Monti della Laga. Aveva preparato tutto con molta cura. Mancavano solo pochi collegamenti per chiudere quello che da li a breve avremmo chiamato “La lunga via tra i due parchi“.
Passa un pò di tempo e mi arriva un nuovo messaggio: “per questo fine settimana è prevista una finestra di tempo stabile. Sei pronto per provare?”.
ARQUATA DEL TRONTO, 24/05/2014
La sveglia suona presto la mattina del ventiquattro maggio. Preparo le ultime cose quando fuori è ancora notte. Bisogna fare un’ora di macchina per raggiungere il punto di partenza.
Arriviamo ad Arquata quando il sole è da poco sorto. Prepariamo tutto il necessario e alle 7 in punto siamo pronti per prendere la strada della montagna.
Rapidamente guadagniamo quota. Saliamo fino alla base del versante sud del Monte Vettore. Bellissimo è il panorama sulla vallata del Tronto e i Monti della Laga le cui cime sono ancora imbiancate dalla neve
Superato il Rifugio degli Alpini deviamo in direzione Forca Canepine. La pista prosegue alternando i due versanti della montagna, in bilico tra le Piane di Castelluccio e la vallata del Tronto.
Dominiamo dall’alto la conca di Amatrice. Il panorama è grandioso e spazia dal Gran Sasso fino al lontano Terminillo.
Siamo nella parte più a sud del Parco ed abbiamo appena superato il primo grande dislivello della giornata.
A Forca Canepine proseguiamo verso sud seguendo una pista che arriva fino ai Pantani di Accumoli.
Siamo su un posto unico e senza tempo dove i cavalli sono allo stato brado e i puledri sono liberi di crescere secondo le antiche leggi della natura.
Riprendiamo la marcia recuperando quota fino a Forca dei Copelli.
Raggiunto il passo iniziamo la lunga discesa fino al caratteristico abitato di Accumoli
Raggiunto il fondo valle proseguiamo verso Amatrice che in circa un’ora raggiungiamo.
In genere, quando si affrontano viaggi così impegnativi, difficilmente ci si concede pause troppo lunghe. Ad Amatrice però sarebbe un imperdonabile errore non fermarsi a gustare la famosa specialità del posto: gli spaghetti all’amatriciana.
Con nuova energia ci rimettiamo in marcia. Fino ad ora abbiamo percorso circa 50 km e siamo a circa la metà del nostro viaggio.
E’ necessario attraversare il fiume Tronto e raggiungere l’altra sponda
Proseguiamo ai piedi della Laga in un fazzoletto di terra dove quei pochi che sono rimasti vivono ancora di pastorizia ed agricoltura di montagna. La pista prosegue con un lungo saliscendi attraversando alcuni caratteristici villaggi
A San Capone facciamo scorta d’acqua prima d’affrontare il secondo grande dislivello. Macera della Morte è mille metri sopra di noi. La vetta, da dove ci troviamo, non è ancora visibile. Tornante dopo tornante prendiamo quota in questa lunga marcia di avvicinamento.
Arriviamo al rifugio Inversaturo dopo oltre due ore di costante salita
Dal rifugio bisogna superare altri duecentocinquanta metri di quota. Il sentiero attacca subito con forte pendenza. Per lunghi tratti si procede con la bici in spalla.
La presenza di alcuni nevai rallentano di molto la salita verso monte. Si sale come si può, cercando qualche solido appiglio che ci permetta di non affondare sulla fragile coltre
Improvvisamente il pendio si fa più lieve. La vetta è oramai a vista, mancano pochi metri per poterla finalmente toccare.
L’arrivo in vetta regala sempre momenti di grande intensità. Ci fermiamo qualche minuto ad ammirare il profilo delle montagne, le profonde vallate e gli immensi spazi che ci separano da ogni cosa. Tutto appare diverso quando viene osservato dall’alto. Da questa prospettiva tutto è speciale e prezioso.
La magia del momento può durare solo qualche istante. La neve sotto la vetta ha rallentato molto la salita. Siamo arrivati in cima troppo tardi. Non vogliamo rischiare il sopraggiungere della notte su questi pendii a noi sconosciuti.
Ci caliamo lungo quei crinali erbosi che, man mano si fanno sentiero sempre più marcato.
L’ombra delle montagne inizia a far imbrunire il fondovalle. Con la certezza di avercela ormai fatta, proseguiamo lungo quell’interminabile serie di curvoni che da Passo di Chino scende sino ad Arquata.
Facciamo rientro ad Arquata quando ormai è quasi notte.
Quei centoquattro chilometri di montagna avevano lasciato il segno. Ci abbracciamo, ci complimentiamo l’uno con l’altro.
In quel momento eravamo troppo stanchi per rendercene conto. Occorrerà qualche giorno per rielaborare e riuscire a realizzare ciò che avevamo appena fatto.
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Non esistono proprie montagne, si sa, esistono però proprie esperienze. Sulle montagne possono salirci molti altri, ma nessuno potrà mai invadere le esperienze che rimangono nostre (W. Bonatti)
Bikers: Fabrizio Castelli, Stefano Giovannini
Foto e testi: Fabrizio Castelli
Ciao ragazzi, complimenti per la traversata che anche io ho fatto il 7 agosto 2019 in solitaria. Indimenticabile esperienza, segnata però dalle profonde ferite che il terremoto ha lasciato indelebile tre anni fa. Purtroppo alcuni tratti non sono percorribili a causa delle zone rosse ad Accumoli e Arquata, quindi bisogna aggirare utilizzando strade asfaltate. Bisognerebbe secondo me evitare la parte finale della salita alla Macera che si fa in un ora di portage, cercando un’alternativa ciclabile. Comunque scenari e paesaggi impagabili.
rimanendo a mezza costa si potrebbe evitare la lunga salita a macera della morte ma perderesti la soddisfazione di una bellissima vetta e l’ora e mezza ininterrotta di discesa su Arquata…..